domenica 7 novembre 2010

Il pettirosso Bibì

Bibì è nato da due settimane. Marì e Fifì, le sue sorelline, ieri hanno spiccato il volo per la prima volta, con grande soddisfazione di mamma Aurelia e papà Michele. Sono uscite dal nido, nascosto sotto un ciuffo d’erba nel parco cittadino, e hanno zompettato qua e là dietro mamma Aurelia, mentre ascoltavano attente la teoria sul volo: “Dovete spalancare bene le ali, fino quasi a sentire che vi fanno male, prendere la rincorsa, fare un bel respiro e buttarvi, seguendo il vostro istinto”. E così hanno fatto, allieve volenterose e senza paura.
Ma Bibì no. Bibì ha paura di volare e se ne sta nel nido a leggere un libro sulla costruzione degli aeroplani. Non capisce proprio perché l’uomo debba usare l’aereo mentre lui solo la forza dei suoi muscoli. E se poi gli viene un crampo all’ala? E se si sente mancare? Bibì non ci pensa nemmeno a uscire dal nido e cerca un modo per farsi un aereo anche lui. Ma mamma e papà lo sgridano: si è mai visto un pettirosso su un aeroplano?
Il mattino dopo di buon’ora, Bibì esce dal nido e va a cercare un pezzo di stoffa dimenticato nel parco: se proprio deve volare per conto suo vuole almeno la sicurezza di un paracadute!
Gira e rigira, Bibì trova un fazzoletto a scacchi colorati che fa proprio al caso suo. Torna nel nido e si mette all’opera. Nel giro di qualche giorno, con l’aiuto del manuale “Come costruire un paracadute per pettirossi e altri uccelli”, il paracadute è pronto. Bibì lo indossa e si prepara per la sua prima lezione di volo: esce dal nido seguito dalla famiglia speranzosa al completo, spalanca le ali, prende la rincorsa, fa un bel respiro per rilassarsi e… si inciampa in un vermetto che era uscito a vedere che tempo faceva. Allora, rincuorato da mamma Aurelia, ripete la procedura e sbatte forte le ali ma la paura è troppa e si alza appena di qualche millimetro. Dopo qualche altro tentativo fallito decide che per quel giorno è più che sufficiente.
Il giorno seguente, Bibì decide di tentare con un metodo diverso: sale su un girasole, che per un pettirosso è davvero molto alto, e poi guarda in giù. Si spaventa un po’ ma ha deciso: oggi deve provare a volare. Così si fa coraggio, si lancia nel vuoto, ma poi apre subito il suo paracadute e atterra sano e salvo, planando felice.



Va avanti così per settimane, saltando da spunti sempre più alti: oggi una panchina, domani la fontana del parco, dopodomani la quercia millenaria e così via, ma poi apre sempre il suo paracadute multicolore.
Fino a quando un bel giorno Bibì incontra una pettirossa speciale, molto carina, che guarda il suo paracadute con diffidenza. Bibì per colpirla si lancia da un grattacielo, ma quando apre il paracadute e scende dolcemente a terra mentre la pettirossa Lola si libra leggera nell’aria, gli viene il dubbio che forse potrebbe provare a volare anche lui. Allora sbatte un’ala, poi ne sbatte un’altra, poi tutte e due insieme e infine si accorge di una cosa importantissima: sta volando!! Felice, raggiunge Lola, sebbene con fatica per il peso del paracadute. Quindi prende una decisione fatale: sgancia il paracadute. Da oggi non ne avrà più bisogno per librarsi nell’aria.

Testo di Elisa Versiglia, disegno di Elena Verderone

Qui si gioca con Ciro e Piero

Un’idea di Elisa Versiglia e Mauro Gariglio

Ciro e Piero, i personaggi dei giochi che ti presentiamo, ci propongono una versione di “Memory”, un gioco di memoria.

Per giocare, devi stampare questi disegni in due copie, colorarli, appiccicarli su un cartoncino per farli diventare più resistenti e ritagliarli.
Quindi, le carte vanno posizionate capovolte su un tavolo e i giocatori devono girarle a due a due per trovare le coppie uguali.

Vince chi ne trova di più.

Buon divertimento!















Topo Fortunato va in gita

Topo Fortunato è un topolino di campagna che abita in una cascina con la sua numerosa famiglia. Come tutti i topini della sua età gioca a pallagruviera con gli amici e va a scuola, ma a differenza degli altri non gli piace andare in posti che non conosce.
Un giorno, in classe, la maestra Topina Luigina dà una bellissima notizia: “Domani si fa una gita in città: andiamo a vedere il museo topografico”. Tutti gli alunni saltano di gioia, battono forte le zampine e urlano a più non posso, ma Fortunato no, non vuole proprio andare in città. Dopo un pomeriggio di pianti e litigate, la mamma lo convince a partecipare alla gita, promettendogli uno sformato di emmental al suo ritorno. Così, alle sette del mattino seguente, Fortunato si trova insieme ai compagni davanti alla scuola, con il guscio di noce che gli fa da cartella sulle spalle. Insieme a Luigina, ci sono anche alcune mamme che li accompagnano: per andare in gita bisogna fare molta attenzione! Quando arrivano gli ultimi alunni, tutti salgono sul pulmino a forma di parmigiano, giallo e rotondo, con la fetta davanti all’autista di vetro trasparente. “Finalmente si parte!!”, gridano i compagni di Fortunato. Ma Fortunato non è molto contento.
Dopo la fermata al topo-grill per sgranocchiare grissini e formaggio, arrivano in città: “Che grossa! che grigia! che macchine!”, urlano i topini tutti eccitati. Luigina li porta a vedere il museo e poi vanno a mangiare nel parco di una villa in centro, che ha proprio un bel giardino, con la fontana e tutto il resto. Lì i topini si rilassano, giocano e corrono a perdifiato, fino a quando la maestra non li chiama tutti a raccolta: “Si torna a casa!”, dice.
Fortunato, però, si è allontanato correndo dietro ad un polline e non sente il richiamo della maestra. Quando finalmente torna nel punto in cui avevano fatto il pic-nic si spaventa: non c’è più nessuno! “Dove sono andati tutti?”, si chiede Fortunato disperato. Ma nessuno gli risponde. Allora comincia a piangere e piange, piange, piange, fino a quando non si forma una grossa pozzanghera sotto i suoi piedini e Fortunato scivola… non si sente molto fortunato, in questo momento.
Intanto il cielo sta diventando scuro, perché è già molto tardi, così Fortunato decide di trovarsi un posticino per dormire. Come gli manca la mamma! E poi ha molta fame e a casa aveva lo sformato di emmental. Non doveva allontanarsi così tanto dalla maestra e dai compagni, la prossima volta non lo dimenticherà più. Fortunato va verso la villa, dove trova un buchino in cui infilarsi. È così stanco e spaventato che si addormenta subito, persino senza cena.
Intanto, la maestra e i compagni sono arrivati alla scuola, dove ci sono i genitori ad aspettarli. Gaia, la mamma di Fortunato, non vede l’ora di riabbracciarlo. Vede scendere tutti i topini, stanchi ma felici. “E Fortunato dov’è?”, chiede spaventata alla maestra. “Non è sceso dal pulmino?”, risponde Luigina. “No, no!”, si agita Gaia. Allora Luigina e Gaia salgono per controllare, ma Fortunato proprio non c’è. Gaia corre subito a casa, chiama suo marito Felice e gli spiega il problema: “Fortunato è andato in gita, ma si è perso in città! Dobbiamo andarlo a cercare!”, così Felice, Gaia, Luigina e i loro amici partono per cercarlo.
Il mattino dopo, Fortunato si sveglia con una gran fame: è dal giorno prima che non mangia! Prova a sentire se ci sono rumori ma sembra tutto tranquillo. Allora mette la testina fuori dal buco per dare un’occhiata: si trova proprio nella cucina, che fortuna! Siccome deve fare colazione, cerca un buon pezzo di formaggio, ma proprio non lo trova. Assaggia quindi una briciola caduta dietro alla credenza: “Che buona”, pensa. Gira ancora un po’ e vede una bottiglia enorme, con un odorino che gli piace. Si arrampica e rosicchia un po’, facendo a pezzetti l’etichetta dell’aceto. La colla sotto l’etichetta è di suo gusto. Poi passando butta per terra un boccettino con le spezie e si spaventa moltissimo per il rumore. Sta fermo fermo per vedere se qualcuno lo ha sentito, ma per fortuna in quella casa non ci sono gatti. Passa quindi ad assaggiare qualcos’altro: il suo pancino era molto vuoto! Sale sul piano della cucina e trova una grossa ciotola con alcuni frutti, così addenta una mela.



Ne mangia un pochetto, poi decide che per il momento è sazio, quindi scende e trova un giornale: perché non assaggiare anche quello? E lascia qualche brandello di giornale sul pavimento.
Nel frattempo, i genitori di Fortunato, la maestra e gli amici sono arrivati nel parco, l’ultimo posto dove Fortunato è stato visto. Gaia è molto preoccupata: sarà riuscito il suo piccolino a nascondersi da qualche parte per passare la notte? Ma Fortunato sta benissimo: mangia e si diverte, in quella grossa casa tutta vuota e senza gatti. Gironzola un po’ per le stanze vuote: assaggia un cuscino di velluto rosso, si tuffa sul divano di pelle chiara, usa un chicco di mais trovato chissà dove come monopattino e usa come palla un batuffolo di polvere che stava sotto un armadio.
Alla fine gli viene un dubbio: se qualcuno lo andasse a cercare lo troverebbe? In casa no di certo! Così decide di andare nel parco, perché è lì che si è perso. Quando arriva in giardino, vede sua mamma che lo cerca affannata. Le corre incontro gridando forte: “Mamma, mamma, sono qui!”. Quando sente la vocina di Fortunato, Gaia scoppia a piangere sollevata e lo abbraccia fortissimo, poi gli tira la codina e lo rimprovera: “Sei ancora piccolo, non devi andare in giro da solo! Sei un topino davvero fortunato, poteva mangiarti un gatto!”.
Fortunato promette di non farlo mai più e si sente davvero molto, molto fortunato.

Testo di Elisa Versiglia, disegno di Elena Verderone