martedì 5 ottobre 2021

Le battute del marito

Marito: "Amore, che ne dici di vederci un filmetto insieme stasera?"

Io dopo circa 40 secondi dall'inizio del film: "Sto film mi ha già un po' stufata..."

Marito, pensoso: "Beh, puoi sempre dire che prima dell'incidente non eri così"

#amarsinonostanteidifetti

Recupero all'arma bianca

Vengo in ospedale per il ritiro dei referti della scorsa settimana. Nessun problema, mi dicono, "Compili il modulo e vada a pagare il ticket al punto rosso seguendo le istruzioni. Noi nel frattempo le prepariamo il CD". Questione di 5 minuti.
Sollevata dalla facilità con cui posso avere i miei referti, mi dirigo speranzosa al punto rosso, dove mi trovo davanti una fila piuttosto nutrita di persone che come me devono eseguire un pagamento. Sospiro e mi metto in coda. Poi scorgo un secondo totem per il pagamento a solo uso bancomat che è invece vuoto. Oggi la fortuna mi sorride, penso.  
Mi sposto al totem del solo pagamento con bancomat, stretto tra bagno e portineria dell'ospedale. Naturalmente non c'è un punto su cui appoggiare alcunché, quindi appendo la borsa alla spalla, tiro fuori istruzioni per il pagamento, bancomat, tessera sanitaria (infilata ahimè insieme alla patente dentro la carta d'identità cartacea piegata a libro) e appoggio tutto sulla tastiera, perché altro posto non c'è.
Inizio la sfilza di comandi, lottando con uno schermo che funziona a tratti e solo esercitando una certa pressione. Inserisco la tessera sanitaria. Non la legge. Ricomincio la procedura da capo. Inserisco di nuovo la tessera sanitaria e la rimetto al suo posto nella carta d'identità per non perdere nulla. Stavolta legge i dati sulla tessera e mi compare la schermata con nome, cognome e codice fiscale precompilati. Devo inserire l'importo del pagamento, appoggiare il bancomat sul display e ho finito. Bene.
Però. Il tastierino numerico sulla destra non funziona, la coda dietro di me si allunga. Ho sempre borsa sulla spalla, bancomat in mano, documenti vari a terra e istruzioni e carta d'identità sul tastierino alfanumerico. Devo digitare l'importo prima che scada la sessione. Senza pensarci, sposto le istruzioni dal tastierino alfanumerico per digitare. Come in un incubo al rallentatore, vedo che il foglio delle istruzioni spinge nella fessura per il ticket la mia carta d'identità. Cerco di prenderla ma così facendo la spingo ancora più a fondo.
Panico.
Decido di effettuare il pagamento e ritirare il CD, così almeno una "pratica" è chiusa e poi penserò al recupero dei documenti.
Torno in segreteria con la ricevuta di pagamento e comunico la mia situazione, scoprendo che non è la prima volta che ciò accade. Mi dicono di avvisare in portineria, che si metterà in contatto con i tecnici del punto rosso.
Torno al totem. Vedo la mia carta d'identità che occhieggia dalla fessura. Aspetto un momento che la coda si smaltisca e cerco di capire se è recuperabile. È appoggiata proprio al di là della fessura, ma sembrerebbe non raggiungibile.
Vado in portineria ad avvisare. Chiameranno il tecnico appena possibile.
Mi metto in attesa di avere notizie quando scorgo un qualche tecnico dell'ospedale e tento l'approccio: lui sa se è possibile recuperare i miei documenti che sono proprio lì, in vista? Butta un occhio, prova a toccare il totem ma arriva la signora della portineria a sgridarlo e lui desiste. 
Alla scena assistono due montagnini vecchio Piemonte, di quelli che a MacGyver insegnavano ad accendere il fuoco, probabilmente faccio loro pena e decidono per un pronto intervento: uno arriva con due cannucce di plastica, le infila agli angoli della mia carta d'identità e comincia a tirare. Si scambiano istruzioni ed esortazioni di vario tipo sempre in dialetto, il secondo cerca di prendere il mio documento ma le cannucce si piegano. Serve qualcosa di più rigido. Vado al bar a farmi dare un coltello e una forchetta di plastica. 
Proprio mentre siamo al buono torna la signora della portineria, che ci cazzia con veemenza. I due valorosi creativi della cannuccia mi abbandonano con le spalle ricurve, sotto il peso della sconfitta.
Ma io non demordo: avendo nel frattempo saputo che i tecnici del punto rosso "verranno ad aprire oggi o forse domani" capisco che non posso andarmene senza carta d'identità, tessera sanitaria e patente. Aspetto che la coda al totem si smaltisca di nuovo, poi ritento. Infilo nella fessura il coltello e lo incastro nella piegatura della carta d'identità. Tirando viene, ma contemporaneamente si lacera. Pazienza, mi dico. Meglio una carta d'identità danneggiata che nessuna. Vado avanti. Inserisco la forchetta dall'altro lato e continuo a tirare. Finalmente esce, anche se in due pezzi. Esulto. 
Adesso devo recuperare tessera sanitaria e patente, che però sono nel nuovo formato, simile a quello della tessera plastica del supermercato.
Cerco di spostarli con il coltello ma non escono.
Tra i cori di incoraggiamento degli astanti, che ormai partecipano alla mia odissea, si alza una voce, quella del mio secondo salvatore della giornata: "Signora, se mette un po' di scotch sulla punta del coltello, poi con quello fa pressione sulle tessere e quelle restano appiccicate e vengono".
L'idea mi pare ottima.
Vado di nuovo in segreteria avvisando che ho recuperato la carta d'identità e che per recuperare il resto mi serve dello scotch. Mi danno un intero rotolo.
Appiccico lo scotch sulla lama del coltello di plastica e lo infilo. Faccio pressione e come per magia in un attimo la tessera sanitaria esce. A seguire la patente. 
Un signore mi chiede se sabato posso aiutarlo ad aprire le porte nel giro degli appartamenti che vuole visitare. Un altro mi dà una pacca sulla spalla. Un terzo ci manca poco che si metta ad applaudire. 
Riporto lo scotch in segreteria e avverto che ho recuperato tutto. Mi guardano con stupore unito a malcelata ammirazione. 
Torno per l'ultima volta in portineria, dicendo che non ho più bisogno del tecnico del punto rosso, ho recuperato tutto.
È passata un'ora e mezza, ho vissuto una nuova avventura sulla mia pelle e sperimentato l'importanza della claque, come gli attori del teatro greco antico con il coro in sottofondo. Senza di loro, non ci sarei riuscita.

venerdì 1 ottobre 2021

Otto cose che ho imparato in una notte di pronto soccorso

Dopo una notte (allucinante) in pronto soccorso ho imparato che:

- gli anziani hanno sempre una caramellina nella borsa, che scartano con gran lentezza e soprattutto gran fracasso nei momenti di maggior silenzio durante la notte

- la fame è davvero una cosa brutta, e non importa se hai la colecisti infiammata: se appena ne avrai l'occasione, di ritorno da una ecografia, ti fermerai a mangiare cappuccio e brioche al bar dell'ospedale, con gran menefreghismo per il tuo stato di salute e per le sgridate delle infermiere

- le infermiere del pronto possono essere le tue migliori amiche o le tue peggiori nemiche: qualunque cosa succeda cerca di non farle incazzare mai

- se ti rechi al pronto soccorso sii pronto. Questo il kit minimo di sopravvivenza: bottiglia d'acqua, snack di emergenza, antidolorifici, tappi per le orecchie (vedi il primo punto), spazzolino e dentifricio, salviettine detergenti e soprattutto carica batterie. Sai quando entri ma non sai quando esci

- cerca di sdrammatizzare, se possibile. Se sei in piedi è già una gran cosa. Ci sono persone nelle sale accanto che in piedi non riescono a starci.

- aiuta, per quanto possibile, i tuoi vicini di letto. Potresti avere bisogno di loro, in seguito

- la salute è la cosa più preziosa che hai, fai il possibile per preservarla

- avere una casa, poter dormire in un letto morbido con un cuscino, al buio, senza rumori e lamenti è molto più di quanto sei abituato a pensare. Non darlo per scontato

Mi sono appena resa conto di essere partita dal faceto e aver, man mano, sondato terreni più impervi e forse anche bui.

Mi fermo qui per non scadere nel banale, se già non l'ho fatto.

Ma ecco cosa ho imparato dalla mia prima notte di pronto soccorso.