lunedì 24 ottobre 2011

LE SCOPERTE DI PALLINO (racconto per concorso Borgo Loreto)

Guardo Pallino, il mio soriano dal pelo candido come neve, avventurarsi fuori dalla porta finestra e poi veloce giù per la grondaia. Va a spasso per i balconi e i terrazzi di via Vittorio Emanuele impettito come un damerino ottocentesco in cerca di avventure. Lo vedo uscire tutte le mattine verso le 10, ma oggi mi chiedo dove sparisce e decido di seguirlo. Certo calarmi dalla grondaia non è una soluzione praticabile, quindi mi sbrigo ad uscire dal civico 51 sperando che Pallino nel frattempo non svanisca nel nulla. Uscita dal portoncino di casa guardo in su e lo intravedo, beatamente appollaiato sul balcone dell’ottico Simonato, che osserva attento le vetrine della macelleria accanto. Quando comincio a pensare che in realtà le sue avventure non sono altro che la ricerca di un boccone particolarmente ghiotto, eccolo partire veloce come un fulmine in direzione di Loreto. Quasi lo perdo di vista, ma poi scorgo la coda entrare nella chiesetta omonima da uno spiraglio di finestra lasciato aperto in occasione delle pulizie annuali in vista della festa settembrina. Mi avvicino, sbircio dentro. Buio. Di Pallino nessuna traccia. Prima o poi lo vedrò pur uscire, mi dico. E così mi siedo davanti all’ingresso della chiesetta e osservo la vita passare: una signora con pesanti borse della spesa, una nonna con nipotina sul passeggino ormai sgangherato, un uomo di mezz’età con bicicletta anni ’60 e polo a righe… ma di Pallino nemmeno l’ombra.
Rintoccano le 12. E’ impossibile che Pallino sia ancora dentro la chiesetta –a far cosa, poi?- ma d’altronde non l’ho visto uscire, e sono sempre rimasta piazzata davanti alla piccola entrata.
Torno a casa per prepararmi un pasto veloce e noto Pallino che mi scruta con aria maliziosa al di là della porta finestra. Mi è sfuggito, anche se non capisco come ciò sia potuto succedere. Decido che scoprire qualcosa in più sulle sue avventure diurne diventa una questione di principio e che lo pedinerò fino a quando non verrò a capo della faccenda.
Il mattino dopo, quando Pallino si cala per la grondaia, arraffo la borsa e mi precipito giù per le scale più veloce che riesco. Pallino sta di nuovo ammirando le salamelle in vetrina come a pregustare un delizioso bocconcino e sembra che mi attenda. Con calma, si avvia verso Loreto ed eccolo sparire ancora tra le sbarre della piccola finestra vicino all’ingresso. Non mi perdo d’animo e recupero le chiavi che mi sono fatta prestare dai priori con una scusa. Entro. Appena gli occhi si sono abituati alla penombra mi guardo intorno in cerca del soriano. La cappella è piccola eppure lui si è nascosto bene perché non riesco a individuarlo da nessuna parte: ispeziono i banchi, sposto la tovaglia ricamata dell’altare, ammucchio i cestini portati per la festa. Niente.
Ad un tratto, un movimento nell’angolo attira la mia attenzione: mi avvicino e scorgo un buco grosso quanto una mela, proprio in fondo alla cappella. Pallino di certo si è infilato lì dentro.
“Strano –penso rientrando a casa- nessuno si è mai accorto del muro rovinato, chissà da quanto è così. Magari ci passano i topi e Pallino è interessato a quelli”.
Nel pomeriggio, però, decido di tornare per un sopralluogo e dare un’occhiata ulteriore alla fessura: in ogni caso bisognerà ripararla a breve, magari con i fondi raccolti con il banco di beneficenza organizzato ogni anno per la festa. Mi chino con il viso all’altezza del foro e mi pare di sentire dell’aria fresca. Che ci sia un passaggio con l’esterno? No, mi dico, è estate, l’aria sarebbe piuttosto calda se arrivasse dall’esterno. Vado a controllare fuori e in effetti non trovo nessuna fenditura, o crepa, o altri segni di rovina. Il mistero si infittisce.
Torno con i priori e faccio loro vedere la mia scoperta, o meglio la scoperta di Pallino. Concordano sul fatto che la cappella vada sistemata al più presto e decidono di coinvolgere il Comitato dei festeggiamenti di borgo Loreto, che si occuperà della sistemazione del muro e delle relative spese.
Passano i giorni e io mi dimentico del buco, fino a quando vedo Pallino tornare da una delle sue scorribande coperto di ragnatele. “Allora non hanno ancora aggiustato la cappella!”, mi dico. Sono certa che Pallino arriva da lì.
Decido di andare a parlare con qualcuno del comitato per approfondire la questione. Il muro non è ancora stato aggiustato, vengo a sapere, perché c’è la possibilità che il pertugio in realtà porti a qualcosa di interessante: tra la fine del Settecento e la metà dell’Ottocento nel terreno intorno alla cappella era stato costruito un cimitero, in seguito rimpiazzato dall’attuale esistente in via Corio. Certo la cappella va preservata perché i ciriacesi le sono affezionati, ma la notizia è di rilievo e merita di essere verificata.
Arriva l’inverno e finalmente qualcosa si muove: viene effettuato con molta cautela uno scavo sotto il pavimento della chiesetta verso l’esterno ed effettivamente torna alla luce una piccola tomba, appartenuta a una nota famiglia ciriacese dell’Ottocento. Lo scoop giunge ai giornali, prima locali e poi nazionali, così curiosi e turisti arrivano a frotte per ammirare la tomba rimasta sotterrata per oltre centocinquant’anni, lasciando spesso un’offerta alla Madonna di Loreto.
È tornata l’estate. Da quest’anno il borgo non ha più problemi di budget per organizzare la festa annuale, mentre Pallino, diventato una celebrità locale, riceve frattaglie ogni volta che passa - piuttosto spesso in verità- davanti alla sua macelleria favorita.
L’unico problema è che Pallino è diventato Pallone a furia di ghiottonerie: mi toccherà metterlo a dieta stretta e sgridare il macellaio se voglio far tornare alla luce nei prossimi anni altre rarità presenti nel borgo.

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